IL CONCORSO NAZIONALE

Teatro San Floriano di Lizzana

Lesto di lingua e lesto di spada, timido e spaccone, brillante ragionatore e appassionato amante. Cyrano è un eroe dai mille volti, tutti segnati però da una ingombrante e proverbiale “presenza”, che lo sgomenta forse assai più del più temibile manipolo di nemici, ma non gli impedisce di restare fedele a sé stesso e ai suoi ideali – l’amicizia, la lealtà e l’amore devoto per la bella Rossana, – per i quali sarà sempre pronto a battersi allo spasimo, tra commedia e dramma, lacrime e risate, malinconia e furore. “In fondo, che cos’è un… naso? Solo un apostrofo rosa tra le parole: t’amo”. Nella versione della compagnia Stabile del Leonardo i ruoli maschili di Cyrano, Cristiano e De Guiche, sono stati assegnati a due gemelli. Parimenti a un’unica attrice sono stati affidati i ruoli femminili di Rossana, della venditrice e della governante. Mentre la coscienza del protagonista, nell’originale espressa dagli amici affezionati, in questo adattamento, prende vita nella forma di un enorme naso.

Il vice sindaco di New York Charley Brock invita gli amici per festeggiare i dieci anni di matrimonio. Gli invitati sono cittadini altolocati: avvocati, un candidato al Senato, uno psicanalista. I primi arrivati assistono a uno spettacolo tremendo: Charlie è a terra in un lago di sangue, la moglie non c’è. Temendo uno scandalo gli amici decidono di tacere. Ma l’arrivo degli altri ospiti rende arduo il proposito; si cade in contraddizione aprendo la strada a equivoci e pettegolezzi (rumors appunto) che ingarbugliano le cose. A peggiorare la situazione vari incidenti domestici: Ken diventa sordo per un colpo di pistola, Cocca e Ernie si feriscono in cucina, Cassie perde il cristallo porta fortuna in bagno, e quando inaspettata arriva la polizia la tensione è alle stelle. I ritmi frenetici al limite del parossismo fanno di questa commedia una delle più belle e divertenti di Neil Simon.

Per recuperare gli effetti che alla sua morte la madre Marta gli ha lasciato, Enzo ritorna nella casa familiare, dove per la prima volta dopo quindici anni rivede il padre, Saverio, colpito da arteriosclerosi al cervello. Tra padre e figlio, la relazione è stata da sempre conflittuale: Saverio, un contadino che, finita la seconda guerra, è emigrato dal Sud in una città industriale del Nord, di stampo patriarcale, nostalgico del duce; Enzo, un borghesotto giornalista di sinistra che porta sulla pelle le cicatrici della rivoluzione sessantottina vissuta appieno. Tra loro due: Marta, che a costo della vita, pur di salvare quantomeno nelle apparenze il nucleo familiare ha portato sulle spalle l’ingombrante peso delle loro esistenze avvelenate da verità mai dette.

Cirillo e Pacebbene si sono rifugiati in un appartamento che il bradisismo dei Campi Flegrei ha reso pericolante. Messi a dura prova da un’esistenza che ha lasciato loro soltanto l’amaro sapore della memoria, i due vivono in stato di precarietà crescente che ad ogni sussulto del terreno allarga le crepe dei muri e della loro esistenza, rimescolata continuamente da brandelli di ricordi. Minacce, sospetti reciproci, equivoci e travestimenti sono oramai il loro gioco quotidiano, un gioco ricorrente e ripetitivo che riempie il vuoto di una vita inesorabilmente imprigionata in un appartamento-tana-rifugio dal quale non riescono o non vogliono scappare. Uscita d’emergenza è una complessa mescolanza di riso e di tristezza, di ira e di rassegnazione, di sogni impossibili e di schianto sulla realtà.